«C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore. L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato»
Andrej Tarkowsky
Un curioso legame storico (e chissà sotto quali aspetti ancora), unisce la città turca di Istanbul con l’Italia e la sua Capitale. Già chiamata Bisanzio e poi Costantinopoli, l’odierna Istanbul fu ribattezzata dallo stesso imperatore romano Costantino I – che la fece diventare capitale dell’Impero romano –, come “Nova Roma”. Oggi, grazie a questo straordinario progetto firmato dallo studio turco Atelye 70 insieme con gli studi romani Insula architettura e ingegneria e Studioillumina, è come se le due città eterne si unissero ancora di più, quasi a rinforzare il concetto della loro affinità. Proprio l’epoca di Costantino vede nascere il progetto originario della Cisterna Basilica (Yerebatan Sarayi, che in turco significa “palazzo sommerso”); una monumentale architettura ipogea – con una superficie di circa 140 metri per 70 di ampiezza, scandita da 336 colonne alte 9 metri disposte su ben 12 file – che si affaccia sulla piazza di Santa Sofia e che è stata riscoperta nel XVI secolo.
Quest’opera idraulica, che forniva acqua al palazzo imperiale e ai luoghi limitrofi, è stata protagonista di un recente intervento sui percorsi che ha previsto anche un nuovo progetto d’illuminazione – dove sono impiegati ben oltre 750 corpi illuminanti – che ne esalta la bellezza: è stata demolita la vecchia passerella in calcestruzzo e riprogettato l’itinerario di visita con un nuovo camminamento che si snoda su leggere passerelle metalliche. Il visitatore si trova così a camminare nel palazzo sommerso quasi sul pelo dell’acqua e ad ammirare la piena altezza delle volte sovrastanti.
L’architetto Adriano Caputo, di StudioIllumina, ci illustra alcuni aspetti concettuali legati al nuovo lighting della Cisterna Basilica: “La narrazione della luce prevede diversi scenari percettivi; un solo proiettore a fascio ellittico, posizionato dalla parte opposta rispetto alla direzione di percorrenza, illumina dal basso ogni singola colonna. L’utilizzo di una diminuzione graduale dei livelli di luminosità quando ci si addentra nello spazio sotterraneo, porta l’esperienza del visitatore verso un’esplorazione quasi archeologica e più personale del luogo”.
Ispirandosi alle parole di Jean-Paul Sartre (Ho attraversato mari, ho lasciato dietro di me città, ho seguito le sorgenti dei fiumi e mi sono immerso nelle foreste), l’architetto romano continua: “Il percorso di andata è come un addentrarsi in una foresta svelata solo dal controluce, ed è ispirata dal mondo antico delle miniature. Un omaggio al mondo orientale, in cui la prospettiva non ha un’importanza centrale, ma tende invece a scomparire per lasciare spazio al disegno e alle forme”.
«Ho sceso le scale, ho remato con il proprietario della casa con le torce e ho vagato attraverso una foresta di pilastri, parte dei quali era sommersa dall’acqua».
Pierre Gilles, primo ingresso nella Cisterna, 1500
Da Italo Calvino invece la conferma dell’idea del racconto; qui concepita come un itinerario, quasi un’Odissea, un viaggio di andata e ritorno tra Oriente e Occidente dove le colonne con le teste di Medusa rappresentano la fine dell’andata e l’inizio del ritorno, che sembrano rappresentare simbolicamente il fluire della vita.
L’acqua è la costante che si estende nella Cisterna, sempre presente per tutto il viaggio. Uno specchio ricorrente, che disegna i profili in chiaroscuro all’andata e il profilo architettonico al ritorno. Solo in un momento sporadico del viaggio, la luce delle colonne si dissolve per lasciare spazio a una nuova luce che svela, radente, la superficie irregolare dei pavimenti originari e le basi di tutte le colonne. In alto, solo poca luce riflessa raggiunge le volte. A metà percorso e in maniera inattesa e suggestiva il luogo sommerso si tinge delle atmosfere caratteristiche della Turchia, trascolorando da acquamarina ad ambra seguendo le voluttà della zultanite, la gemma anatolica che cambia il suo colore con la luce.
«Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi».
Italo Calvino
Adriano Caputo, infine, torna a porre l’accento del progetto sul concetto di intrico e di selva, qui quasi labirintica nella sua struttura architetturale: “La Cisterna può essere paragonata a una foresta di palude… dove tutti sensi vengono sollecitati e dove riflessioni e sonorità d’acqua convivono… un viaggio immersivo che coinvolge i sensi e la mente; un’esperienza unica che ne fa uno dei luoghi più frequentati al mondo”.