La Cina è il primo grande passo estero che ha compiuto, prima chiamato come progettista e poi anche come docente di lighting design. Francesco Sani, brioso e giovane toscano non si è tirato indietro anzi, dall’esperienza asiatica ha tratto numerose collaborazioni e la sua valigia è sempre pronta.
Di recente hai lavorato anche in Africa, una realtà molto diversa dalla Cina. Come è stato lavorare in questi due luoghi, sia dal punto di vista umano che professionale.
«In Cina tutto avviene con estrema velocità mentre in Africa i tempi, soprattutto quelli preliminari di discussione con i clienti, sono incredibilmente lunghi. Sicuramente è una questione culturale e non solo di metodo di lavoro, la Cina è ormai abituata all’idea di progetto e quando parliamo con un cliente, ad esempio, sa già quello che vuole e capisce il valore di quello che facciamo. In Africa il nostro attuale impegno, specialmente in questa prima fase di presenza sul mercato, è quello di “educare” i nostri clienti a capire quel valore aggiunto che un buon progetto può dare, soprattutto nel mondo dell’interior design. Le differenze sono enormi anche nel modo di organizzare il lavoro. In Cina mi è capito di svegliarmi a Shanghai, avere un appuntamento di lavoro a Hong Kong e poi cenare con dei clienti a Shenzhen.
In Africa ti svegli la mattina e aspetti di capire se e quando sarà possibile fare un appuntamento preso e confermato la sera prima, scoprendo spesso che non si farà. Detto questo, però, l’emozione di sentirsi dei pionieri, di lavorare in posti bellissimi a contatto con persone così diverse è decisamente molto stimolante. Personalmente, una piccola nota negativa è quella del rapporto personale che, in entrambi i mercati, non è molto facile. In Cina sei “venerato” come un ospite d’onore dal primo contatto con il cliente fino alla fine del progetto, un rapporto che però si esaurisce con la fine del lavoro. In Africa invece l’atteggiamento è molto diverso fin dal principio. Tutti sono molto sospettosi e non è semplice costruire delle relazioni che possano durare nel tempo. Ovviamente non si può generalizzare; restano comunque tutte esperienze che arricchiscono il mio bagaglio».
In un buon progetto d’interni, quanta percentuale del successo è da attribuire al giusto lighting design?
«Forse perché ho iniziato la mia carriera come progettista di prodotti d’illuminazione e quindi ho un approccio progettuale un po’ “di parte”, per me la luce è fondamentale per ogni progetto: sia esso di architettura ma soprattutto di interior design. La luce è parte del progetto e non solo un elemento che serve a valorizzare le forme o mettere in evidenza i materiali utilizzati. Di solito penso i miei progetti come un mix di tre elementi: geometrie, materiali, luce. È solo la giusta unione di questi tre elementi che crea un progetto perfetto e, per noi che spesso lavoriamo all’estero, la componente luce è quella che spesso ci salva quando non si trovano materiali di pregio o quando non si riescono a creare geometrie accattivanti»
Quali sono i tuoi progetti nel futuro più immediato?
«In questo momento posso comunicare ufficialmente l’apertura di un nuovo ufficio a Shenzhen in un progetto di collaborazione con una grande società di design e costruzione locale. Questa nuova collaborazione ci permette di provare a occuparci di grandi progetti (centri commerciali e hotel) “entrando dalla porta principale”, grazie al supporto di uno dei più grossi player del sud della Cina».