Nel cinema, dove ogni illusione è poesia, un lampadario serve a illuminare ma anche a raccontare una storia. A volte è status symbol, come in Marie Antoinette, altre deus ex machina parlante, come Lumière ne La Bella e la Bestia; altre ancora un demiurgo tragico che uccide con luce e cristalli come ne Il fantasma dell’Opera. Quando comincia il film decidiamo di seguire il coniglio bianco e ci facciamo travolgere dai colori, dalle vibes, dall’atmosfera: siamo pronti a farci incantare, anche dalla bellezza di un lampadario di cristallo.
I lampadari compaiono nel cinema come oggetti di un set ma anche come attivatori di concetti. Concetti come il lusso, il potere o il dramma. A volte ci troviamo davanti a capolavori di design, tasselli di una macchina favolosa per suscitare quella meraviglia a cui il cinema ambisce dalle origini. Possiamo intenderli come parte della scenografia o come un punto di incontro tra cinema, storia e arte.
Il Lampadario Barocco nel film “Il Grande Gatsby”: lusso e anacronismi poetici
Nel 2013, Baz Luhrmann ha realizzato una nuova versione de Il Grande Gatsby con l’intento di riportare alla luce un mondo che lui stesso ha definito “sexy, viscerale e moderno“. Il film è un’esplosione visiva, che combina l’opulenza degli anni ’20 alla frenesia contemporanea. Per questo la scenografa Catherine Martin, moglie del regista, ha creato una versione stilizzata e ibrida della New York dell’epoca Flapper. Il maniero di Daisy Buchanan è un esempio perfetto di questo approccio: un mix & match di arredi Art Déco, dove nulla è lasciato al caso e tutto è pensato per esagerare, per esprimere l’idea del “mai abbastanza” che pervade il film.
I candelabri e i lampadari, presenti nelle dimore sia di Daisy che di Jay Gatsby, sono emblematici di questa estetica: realizzati in vetro di Murano o volutamente eccessivi e barocchi. Ma non solo. Ne Il Grande Gatsby il lampadario appare anche nella forma di un soprabito che richiama direttamente la collezione Spring/Summer 2010 di Prada, composto da gocce di cristallo tenute insieme da una rete di anellini di metallo. È un esempio di come Luhrmann rimescoli elementi degli anni ’20 con influenze del postmoderno, creando un pastiche visivo che gioca con gli oggetti e con i simboli del lusso.
Il Lampadario in vetro di “Colazione da Tiffany” : quando i sogni sono troppo lontani
In una delle immagini cult del film di Blake Edwards, quella in cui Holly Golightly, interpretata da Audrey Hepburn, si ferma con caffè e croissant davanti alla vetrina di Tiffany, si nota un lampadario riflesso nello specchio in secondo piano. Sebbene sia realizzato in vetro, questo lampadario scintilla con una luminosità simile a quella dei gioielli che Holly ammira sulla 5ft Avenue ogni giorno, e che non può permettersi.
I cristalli del lampadario, che simulano la preziosità dei diamanti, riflettono i sogni che la protagonista esprime per una vita illuminata da bellezza e ricchezza. In questo splendore però si nasconde l’ombra della realtà, che la porterà a confrontarsi con i propri limiti e la vera natura dei desideri impossibili.
Il Lampadario dorato de “La Bella e la Bestia”: dalla fiaba Disney a Versailles
Nel classico d’animazione del 1991, accendere una luce nel cuore della Bestia, trasformata da un incantesimo, è così importante che uno dei personaggi chiave è proprio un candelabro: Lumière, che guida la Bestia e tutti coloro che abitano nel castello attraverso un percorso di redenzione e trasformazione. Al centro della grande sala da ballo del castello, pende poi un magnifico lampadario dorato. Questo elemento scenografico è presente sia nella versione animata del 1991 che nel remake live-action del 2017.
Nella versione live-action, il suo design trae ispirazione dalla maestosa Sala degli Specchi del Palazzo di Versailles. Una connessione che evidenzia l’opulenza del castello della Bestia, risultato di una fusione stilistica tra le influenze del Rococò francese e altre correnti europee del XVIII secolo.
Il Lampadario con Swarovski simbolo di distruzione ne “Il fantasma dell’Opera”
Nel melò musicale del 2004 di Joel Schumacher, il maestoso lampadario, realizzato con oltre 20.000 cristalli Swarovski e del peso di due tonnellate, riveste un ruolo fondamentale nella trama. La storia si apre nel 1919 con la messa all’asta di questo oggetto, un portale narrativo per trasportare lo spettatore indietro al 1870, alle prime aperture del Teatro dell’Opera di Parigi.
Questo poderoso insieme di cristalli e design d’antan viene utilizzato dal Fantasma (Erik) – lacerato dall’odio sia fisicamente che emotivamente – per punire i nuovi direttori del teatro che non rispettano le sue richieste. Il lampadario diventa allora un simbolo della sua forza distruttiva e della sua disperazione, incarnando il caos che è capace di generare quando non riesce a ottenere ciò che desidera. Il momento clou della furia di Erik si manifesta quando fa precipitare il lampadario dal soffitto del teatro, trasformando un oggetto di squisita bellezza in strumento di morte e distruzione e segnando una svolta cruciale nella trama.
ll Lampadario con Swarovski ne “Il Cigno Nero”: la doppia anima del successo
L’horror cerebrale di Darren Aronofsky dosa l’occhio di bue per accompagnare la piega dark che prende la fragile mente della ballerina Nina Sayers nel processo che la porta a trasformarsi da cigno bianco a cigno nero, lasciando prevalere il doppio.
Quando la metamorfosi è completata, Nina è finalmente il “black swan” e balla nella scena finale, illuminata da una fila di lampadari di cristalli Swarovski della collezione Schonbek, scelti appositamente dalla scenografa Thérèse DePrez. Questi lampadari conferiscono alla scena una bellezza glaciale, simboleggiando al contempo la trappola scintillante in cui Nina è intrappolata: una gabbia di perfezione e bellezza che la spinge verso la sua autodistruzione. L’anima nera del cigno sbatte contro i lampadari luminosi, che ciondolano con l’ultima danse macabre della ballerina perduta.
Il Lampadario barocco e in vetro dorato in “Marie Antoinette”
Nel 2006, Sofia Coppola ha reinterpretato Versailles in chiave pop, mescolando pose contemporanee, estetismi esasperati, stucchi e design color pastello. I lampadari scelti per caratterizzare gli ambienti svolgono un ruolo cruciale: simboli della fusione tra passato e presente, alcuni di essi sono stati adattati per funzionare con luce elettrica, un dettaglio moderno che riflette l’approccio anacronistico di Coppola, simile all’inclusione di “Ceremony” dei New Order nella colonna sonora.
Molti dei lampadari barocchi utilizzati nel film sono riproduzioni fedeli di modelli esistenti, realizzati da professionisti come Mathieu Lustrerie come il “Lustre du Salon doré de Marie-Antoinette” dello Château de Versailles. Caratterizzati da bracci sinuosi e decorazioni elaborate in bronzo dorato, spesso impreziositi da cristalli di rocca, questi lampadari diffondono una luce calda e avvolgente, esaltando l’opulenza visiva voluta per ogni scena del film.
Il Lampadario in stile edoardiano di Titanic, testimone di una bellezza avvolta nella tragedia
Al centro dell’iconica Grande Scalinata del capolavoro di James Cameron si trova un maestoso lampadario, una replica fedele di quello che originariamente pendeva dalla cupola in ferro e vetro del RMS Titanic. Realizzato con una struttura in cristallo impreziosita da dettagli dorati, il lampadario è stato meticolosamente progettato seguendo i disegni dell’epoca. Come molti altri oggetti di scena, doveva non solo apparire autentico e contribuire a ricreare l’atmosfera sfarzosa degli ambienti di prima classe, ma anche resistere alle difficoltà delle riprese, compresa l’immersione in acqua.
Questo splendido oggetto è testimone silenzioso della storia d’amore tra Jack e Rose, quando i due si danno appuntamento proprio sotto di esso. Ma non solo: è anche simbolo dell’imminente tragedia. È infatti lo stesso lampadario che appare anche nella scena subacquea all’inizio del film, quando i resti distrutti del Titanic, coperti di sedimenti marini, vengono esplorati, creando un potente collegamento visivo tra il passato glorioso del transatlantico e il suo tragico destino.