Hélène Binet è nata nel 1959 a Sorengo in Svizzera, ma ha trascorso la maggior parte della sua adolescenza in Italia. Essendo cresciuta tra Sperlonga e Roma, non è difficile immaginare come le pietre del litorale laziale e l’alternanza ciclica di luci e ombre sulle rovine della città Eterna, abbiano avuto un profondo impatto sul suo immaginario. Dopo aver studiato all’Istituto Europeo di Design di Roma, Binet muove i suoi primi passi nel mondo professionistico all’interno degli spazi del Grand Théatre di Ginevra, dove il buio della sala e il movimento dei ballerini mettono alla prova la sua abilità nello scegliere inquadratura, tempi e aperture di diaframma.
Queste esperienze formative e gli incontri avvenuti a Venezia a metà degli anni ottanta con Bunschoten e Libeskind convincono Binet a trasferirsi a Londra, dove comincia a frequentare i circoli culturali dell’Architectural Association (AA). Con ogni probabilità fu proprio in quel momento che si rese conto della strada che avrebbe preso il suo lavoro e la sua carriera.
Hélène Binet e il legame con gli architetti
Nel corso del tempo, Hélène Binet ha intrapreso un dialogo intimo con l’architettura, plasmando la luce in toni di nero assoluto, infinite sfumature di grigio e improvvisi scintillii, diventando così oltre che una delle più talentuose fotografe di architettura anche una filosofa della luce. La sua carriera si è sviluppata parallelamente a quella di molti maestri dell’architettura, come John Hejduk e Daniel Libeskind. Ha inoltre catturato figure maestose e misteriose, sofisticate e isolate come Peter Zumthor, nonché spiriti liberi e trasgressivi come Zaha Hadid.
Tuttavia, ha sempre mantenuto una predisposizione verso autori meno conosciuti, collaborando con loro in percorsi di convivenza, come evidenziato dalla sua collaborazione con Giuseppina Grasso Cannizzo: qua Binet sotto un’illuminazione diversa, quella del sole siciliano, riesce a far risaltare le nitide strutture di ferro, le superfici di calce e cemento e le pavimentazioni naturali, esaltando la loro forza compositiva.
Da non dimenticare sono i suoi viaggi per catturare i riflessi di luce sulle pietre riciclate nell’area archeologica dell‘Acropoli di Atene di Dimitris Pikionis o la luce drammatica del Couvent Sainte-Marie de La Tourette di Le Corbusier o la luce spirituale dell’osservatorio Jantar Mantar a Jaipur, in India, o le foto più recenti scattate nei Giardini classici di Suzhou in Cina, dove la delicatezza della luce riflette la visione di una natura come “presenza materna”, che protegge e sorveglia gli edifici.
Una serie di nuove foto dal titolo Flowers and Time segnano invece una svolta nel lavoro di Binet verso un modo più libero e giocoso di lavorare con la luce e la natura.
Le Mostre più recenti
Tra le ultime mostre personali di Hélène Binet, due ci hanno lasciato una memoria speciale.
La prima nel 2021 nelle prestigiose sale della Royal Academy a Londra Light Lines: The Architectural Photographs of Hélène Binet, la seconda due anni dopo nel 2023 ad Euroluce durante il Salone del Mobile.Milano, Hélène Binet. Nature, Time and Architecture. Entrambe le esposizioni avevano lo scopo di investigare in modo analitico e puntuale un tema centrale della sua opera: il rapporto tra luce e architettura.
Alla Royal Academy a Londra in un’atmosfera intima Hélène Binet espone la sua capacità di catturare gli elementi essenziali dell’architettura, le immagini potenti e oniriche, rivelano la luce, lo spazio e la forma di queste grandiose architetture.
A Milano nell’ambito culturale di Euroluce, in un padiglione immaginato come momento di pausa e riflessione, si è invece esposta una raccolta di frammenti; non un racconto intero, non una ricerca di dettagli tecnici ma una lettura dello spazio e della luce, vera essenza dell’architettura.
La luce di Hélène Binet
Il lavoro di Binet è una celebrazione della lentezza, un inno al movimento della luce solare, un rituale dove queste due azioni si sovrappongono nello spazio dell’architettura, in attesa dell’inquadratura “perfetta” per immortalare il carattere dell’opera architettonica. Fotografie che raccontano di autori e di luoghi dove il lento movimento della luce su superfici, forme e materiali invita a un rallentamento e a una riflessione sulla magica relazione tra luce e architettura.