Cover photo: Terminal 2, Changi Airport, Singapore – Ph. credits Changi Airport Group, Fabian Ong
Con una fama internazionale nel campo dell’architettura e del design d’interni, lo studio parigino BOIFFILS Architectures faceva parte di uno dei 5 team invitati per la gara di ristrutturazione del Terminal 2 dell’aeroporto Changi di Singapore. Senza alcuna esperienza in ambito aeroportuale, il gruppo si è aggiudicato il progetto con una proposta unica. Ne abbiamo parlato con Basile Boiffils, figlio dei fondatori dello studio, Jacqueline e Henri.
Come è nata l’idea di creare un paesaggio naturale all’interno del Terminal?
«In passato, lo studio si è concentrato maggiormente su progetti legati all’ospitalità, luxury brands e centri commerciali di alto livello in Asia, diversi da quelli in Europa. Il brief indicava il desiderio di un aeroporto orientato molto di più verso l’ospitalità rispetto a quelli tradizionali. Con il nostro background siamo riusciti a progettare qualcosa basato sull’esperienza del cliente, che in questo caso era il passeggero. Non si tratta solo di una questione funzionale con spazi altamente ingegnerizzati, ma di pensare alle persone. Da qui nasce anche l’idea del giardino, ispirati da Singapore, una città fantastica.
Volevamo creare un ambiente che rispecchiasse un’ospitalità accogliente: tutto il progetto si è concentrato sul rendere l’esperienza aeroportuale molto più rilassante e piacevole. Abbiamo automatizzato il check-in e il flusso Immigrazione e questo ci ha permesso di organizzare gli spazi in modo più organico. Ci siamo concentrati anche sulla trasparenza del percorso, in modo che da un punto si potesse sempre vedere il successivo. Questo allevia, anche inconsciamente, lo stress dei passeggeri. Siamo riusciti a risparmiare spazio eliminando le lunghe file di sedute tipiche degli aeroporti, utilizzandolo per aree verdi e spazi relax».
Considerando l’aeroporto come tipologia architettonica, la luce artificiale diventa un elemento fondamentale per orientarsi. Quali soluzioni avete adottato per integrare il verde in aree con luce naturale limitata?
«Noi, ovviamente, non volevamo per nessun motivo utilizzare piante finte e, fortunatamente, avevamo già lavorato molto con la vegetazione reale in precedenza. Changi Airport ci ha supportato in questo aspetto, hanno un team dedicato che coltiva le piante in vivai al di fuori dell’aeroporto. Fin dall’inizio, sono stati molto chiari sul fatto che dimostrassimo di poter fornire l’illuminazione e l’acqua necessaria. Tuttavia, a parte l’area vicino alla facciata, nella maggior parte degli altri spazi non c’era luce naturale sufficiente.
Il consulente botanico ci ha spiegato che erano necessari circa 2000 lux e specifiche lunghezze d’onda della luce, principalmente nella gamma del blu e del verde. Il lighting designer ha trovato dei dispositivi di illuminazione che rispettassero questi requisiti e noi abbiamo lavorato molto per integrarli nell’architettura. Un anno dopo il progetto è ancora più bello di quanto fosse all’inizio grazie alla vegetazione sana e rigogliosa.
Per quanto riguarda l’illuminazione generale, abbiamo cercato di nasconderla nel soffitto, specialmente nella hall delle partenze: è integrata tra le lamelle e nelle cavità. In generale, l’illuminazione è un po’ più calda rispetto alla maggior parte degli aeroporti, con 3500 Kelvin per le aree di circolazione e 2700 per le luci decorative. Per le piante, invece, abbiamo optato per una luce più fredda, più vicina a quella naturale. La luce generale proviene da prodotti forniti da ERCO ed iGuzzini. L’illuminazione per le piante è di Lumenpulse. Le luci decorative sono di LOUSS, un produttore francese».
Il progetto include anche installazioni immersive realizzate in collaborazione con Moment Factory. Può raccontarci come sono state progettate e integrate nello spazio?
«Abbiamo pensato ad alcuni highlight, ad esempio la cascata, chiamata The Wonderfall. È situata al centro della hall delle partenze, un elemento forte, visibile anche da lontano. Attira l’attenzione e spinge le persone ad avvicinarsi e a osservarla. Per noi rappresenta un elemento rilassante e fa parte dello stesso tema di portare la natura all’interno del terminal, per trasmettere comfort e relax.
Poi c’è un’altra grande installazione, chiamata Dreamscape, accessibile solo ai passeggeri in transito. Dovevamo sviluppare un’area simmetrica sia a nord che a sud ma a causa di restrizioni del budget per il covid abbiamo sviluppato solo il giardino sud e l’area food & beverage.
È stata una collaborazione enorme, con molte persone coinvolte. Il consulente botanico ha avuto un ruolo fondamentale, ma anche il lighting designer, perché era necessario fornire la luce necessaria su ogni struttura per il verde».
Quali soluzioni avete adottato per mantenere un basso impatto energetico e creare una proposta sostenibile?
«Il progetto è stato classificato Platinum secondo la certificazione Green Mark, un sistema di valutazione degli edifici sostenibili a Singapore. Abbiamo dovuto concentrarci sul risparmio energetico il più possibile, soprattutto per l’illuminazione. Durante il lavoro con il lighting designer, per esempio, abbiamo realizzato che spesso in aeroporto ci sono grandi proiettori rotondi, disposti a griglia. Abbagliano e si riflettono sul pavimento, che di solito è in granito. Per evitare questo effetto abbiamo nascosto la fonte luminosa: non si vede finché non si è esattamente sotto, così da evitare qualsiasi bagliore. Inoltre, abbiamo creato un pavimento semi-lucido e installato moquette in alcune aree, tutto ciò contribuisce a trovare facilmente le informazioni».