Brillantezza e intensità: la luce nei film di Luca Guadagnino

Guadagnino è uno dei registi del momento, acclamato in sala e apprezzato come interior designer. L'uso della fotografia nei suoi progetti è parte del sistema narrativo, grazie alla collaborazione con Sayombhu Mukdeeprom.

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Cover photo: Luca Guadagnigno – ph. Giulio Ghirardi

Luca Guadagnino è uno dei registi più amati del momento. Il suo film Challengers è stata la pellicola più squisitamente pop di quest’anno, e durante l’ultimo festival di Venezia ha presentato Queer, tratto dal romanzo del leggendario William Burroghs, esplorando, ancora una volta, tematiche legate al desiderio. Sebbene Luca Guadagnino sia un regista che viene preso in analisi maggiormente per gli aspetti narrativi delle sue opere, in questo articolo ci concentreremo sugli aspetti formali del suo cinema, esplorando l’uso della luce e della fotografia che caratterizza i suoi film. 

La potenza narrativa di Guadagnino, infatti, è sempre sostenuta da una messa in scena impeccabile, in grado di valorizzare gli elementi più emozionali del racconto e di restituire un’atmosfera funzionale. 

1. Challengers, Courtesy Amazon Studios

La fotografia nei film di Luca Guadagnino: la collaborazione con Sayombhu Mukdeeprom

Come abbiamo già più volte esplorato, ciò che contribuisce a costruire l’atmosfera visiva di un film è soprattutto il tocco del direttore della fotografia. In questo senso, è stato essenziale per Guadagnino la collaborazione stretta con Sayombhu Mukdeeprom, professionista noto nella scena cinematografica del sud-est asiatico e collaboratore del regista in alcuni dei suoi film più noti degli ultimi anni. 

L’approccio di Sayombhu Mukdeeprom consiste nell’incorporare elementi contingenti al set nel momento in cui si lavora, invece che avere tutto programmato nell’ordine del giorno. In questo senso, Mukdeeprom è un attento osservatore delle condizioni della luce che si trovano sul set al momento delle riprese, costruendo una messa in scena organica e dritta al punto. Le immagini che ne escono, sono sempre fortemente narrative, e non hanno bisogno di essere costruite su tante angolazioni diverse.  

2. Suspiria, Courtesy Videa

Chiamami col tuo nome

Uno dei film che è d’obbligo citare in questo discorso è sicuramente Chiamami col tuo nome, probabilmente la pellicola in cui la cooperazione tra Guadagnino e Sayombhu Mukdeeprom è al suo apice. In questo film, ambientato nel 1983 e girato a Crema, seguiamo la storia sentimentale tra due giovani nel contesto della campagna lombarda. 

L’apporto del direttore della fotografia in questo caso è stato quello di costruire una luce che fosse il più organica e naturale possibile, e lui stesso racconta di come gli elementi del film siano stati disposti in maniera naturale da Guadagnino. Ma, anziché cercare di costruire un determinato look della scena, sostiene di aver cercato di adattarsi il più possibile alle contingenze del set, lasciando prendere forma alla luce nel modo che più si adattasse al tono di voce generale.

3. Call Me By Your Name, Courtesy Warner Bros. Italia

Suspiria 

L’altro film in cui Luca Guadagnino coopera con Sayombhu Mukdeeprom è Suspiria, remake dell’omonimo film degli anni ‘70 di Dario Argento. In questo film, ci spostiamo decisamente dal tipo di immagine di Chiamami col tuo nome e anche dallo scenario. Qui siamo nella Berlino della guerra fredda, anni ‘70: la messa in scena è pensata per trasmettere il grigiore e la cupezza dell’inverno in quella città, sensazione che ci accompagna mano a mano che entriamo nella scuola di danza che nasconde tanti segreti alla protagonista. La luce è impostata in modo tale da sottolineare la tensione crescente.

4. Suspiria, Courtesy Videa

Challengers

Il film, che esplora competizione e passione nel mondo del tennis, promette di continuare la fascinazione di Guadagnino per la luce come strumento narrativo. Già dalle prima scene, si intuisce come la luce verrà usata per intensificare i conflitti interiori dei personaggi, mescolando la fisicità dello sport con l’intensità emotiva.

2. Challengers, ph. Niko Tavernise

In Challengers, la luce, spesso chiara, sottolinea come il campo da gioco si confonda con la vita quotidiana, e tutto questo viene reso in un aspetto seducente. Anche qui, è la naturalezza a farla da padrona, sebbene questa maggiormente regolata e artificiale rispetto agli altri due film precedentemente citati. Tutto è ripreso e illuminato come se fosse uno spot continuo, come sottolinea anche la presenza dei numerosissimi brand. 

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